Jacopo Ziliotto
3 December 2018

Vox populi e il potere della radio intelligente – Roberto Puliero

Jacopo Ziliotto
3 December 2018

Le voci dei cronisti diventano spesso parte integrante del ricordo ‘storico’ di un dato avvenimento. La voce che per prima ci dona la Notizia, la voce che è più nell’istante del Momento, diventa parte integrante dell’Attimo storico e passerà un tutt’uno con il ricordo stesso.

Fate un rapido check mentale e pensate al primo avvenimento storico che vi viene in mente e vedete se non è accompagnato da quella data voce, quella data frase.

Nel film della Storia, le voci dei cronisti sono la colonna sonora.

 

Sono ciò che traduce in maniera immediata ed empatica il mood di quanto accade. Quelle voci, nei migliori dei casi, diventano “La Voce di tutti”, traducono esattamente il sentimento della comunità di riferimento, diventano quello che tutti noi avremmo detto, quello che tutti noi abbiamo pensato.

Delle varie specie di cronisti, tra quelli sportivi, ho sempre avuto una predilizione per i cronisti radiofonici. Soprattutto di calcio. In quel caso la voce è tutto: è l’avvenimento in sé. Tu sei aggrappato in maniera totale ad ogni minima inflessione del tono, la mente cerca di comporre le immagini che le parole veloci – a tratti velocissime – descrivono.

Dirò di più.

In questo caso, la figura del radiocronista, mi appare molto, ma molto di più di un semplice ‘trasmettitore di immagini a parole’.

Egli influisce, infatti, direttamente sulla Realtà.

Sì perché, a quella voce, si stanno sintonizzando migliaia di persone tutte insieme. E tutti quanti non hanno altro mezzo per leggere la realtà di quanto sta accadendo, se non quello che la Voce dice.

Si può dire che migliaia di persone, col medesimo scopo e contemporaneamente, dipendano dal carattere di uno solo.

Se la voce è speranzosa tu speri, se è scoraggiata ti sfiduci.

Quella Voce ha un potere che, se fossi un presidente di una squadra di calcio, in ambito strategico, non trascurerei affatto. Non sto parlando di intrattenitori/tifosi pittoreschi e totalmente faziosi, che fanno la fortuna delle tv private. Sto parlando della Vox magica, che ha il potere immenso di incanalare forze, di creare il Mondo.

Uno come Roberto Puliero, ad esempio.

Nella storia del miracoloso ed epico scudetto dell’Hellas Verona (’84/’85), e gli anni di ‘quel’ Verona di Bagnoli – una perla di squadra – non si può prescindere dall’accompagnamento radiofonico fantasioso, entusiasta e roboante di Roberto Puliero dai ‘microfoni gialloblù di radioadige’.

https://www.youtube.com/watch?v=kJ5QbH60nhU

Puliero, prof di letteratura, giornalista, poeta, autore e attore di teatro, autore televisivo (commenta da più di 30 anni, a suon di gag, imitazioni e invenzioni di ‘maschere’, la vita sportiva e politica cittadina) è stato la voce della gioia, della fantasia al potere, dell’inebriante cavalcata di una squadra – a detta di tutti fatta con gli scarti delle altre – che, nel campionato allora ‘il più bello del mondo’ – con i più forti giocatori del mondo – espresse per un pugno di anni il calcio più bello, venendo dalla serie B e finendo vincitrice dello scudetto nell’annata ‘84/’85 e non solo. Rimanendo imbattuta in Europa anche gli anni successivi e terminando ingiustamente agli ottavi di finale la sua prima e unica partecipazione alla Coppa Campioni, in una scandalosa gara contro la Juventus, tragica vincitrice del trofeo l’anno precedente all’Heysel.

Puliero ha sempre unito – unico nel suo genere – un’infinità di ‘competenze’ differenti:  rispetto per l’avversario, obiettività del giudizio ma partigiano (nel senso ‘di parte’), rapidità di parlata, invenzione di metafore, improvvisazione, garbo ed educazione inglese ma esultanza e propensione all’iperbole di scuola sudamericana – innaffiate da una solida e profonda credenza nella FOLLIA, da consumato autore shakespeariano in salsa Goldoniana – sfacciato e irriverente – e soprattutto ‘Veronese’. Che il detto vuole ‘tuti mati’ (all mad).

Negli anni d’oro, tutti si sintonizzavano
sulle emittenze di Puliero.

Autoradio, radioline all’orecchio la Domenica, altoparlanti in piazza con fiocchi gialloblù ai balconi… ovunque, quando giocava l’Hellas Verona, sentivi la sua voce entusiasta descrivere imprese epiche. Aspettavi, in uno spirito spensierato e ottimista, un nuovo Atto della Commedia folle e divertentissima che nasceva in diretta, una sorta di racconto popolare a canovaccio fisso, in cui i buoni– poveri ma belli – si facevano beffe dei signori e dei potenti.

Partite seguite con l’orecchio attaccato alla radio, mangiandomi le unghie, immobilizzato. Partite che si disputavano in posti remoti, per gente di provincia come noi. Belgrado, Salonicco, Utrecht. Ai tempi non c’era che la radio per seguire quelle partite, la diretta televisiva non era garantita (30 anni fa, gente, sembra un secolo). E quello che arrivava dalla radio non era una telecronaca asciutta e puntuale di quanto avveniva in campo, ma l’accorata e commossa radionarrazione di gesta epiche, una mitologia che nasceva in diretta, dalle parole di Puliero, dove nulla era dato per scontato, ‘dove tutto poteva ancora succedere’ – e succedeva.

Quei magnifici ragazzi in maglia gialloblù giocavano in una maniera stratosferica (vedere i goal di Stella Rossa Belgrado- Hellas Verona per credere), con una bellezza ed una umiltà che oggi NON si può minimamente concepire.

Affermo oggi con sicurezza che un po’ dell’energia che ha avvolto i muscoli e le teste dei giocatori scaligeri in quegli anni magici – un sentimento di possibile diffuso in tutto un popolo – sono state convogliate dal grande Roberto. Sono merito suo e della sua energia. E della sua profonda capacità – questa solo dei grandi artisti – di

saper concepire un ‘mondo alla rovescia’, di fatto, inventandolo.

Ogni volta che ascolto una sua radiocronaca – e per fortuna è ritornato quest’anno dopo anni di ‘accantonamento’ ingiustificato – è come se veramente iniziassi a godermi un nuovo atto della tragicommedia umana, raccontata ogni volta con la partecipazione totale di uno spirito che sento affine al mio. Severo e non critico, schifosamente ottimista, utopico, fatalista. Sempre incoraggiante, anche ai limiti della C2 e negli odierni abissi a cui sembra debbano sempre ritornare, per punizione, gli Eroi o i Giganti che hanno osato la scalata al Cielo.

Un professionista eccezionale ed un artista puro che con lo stesso entusiasmo si regala sincero e folle al pubblico, partita dopo partita, da 40 anni.

Ricordandoci con garbo, ogni volta, che
il calcio, come la commedia della Vita,
per gli spiriti più (af)fini,
non è altro che
un incredibile, meraviglioso Gioco.