sàndor von mallasz
7 November 2018

Think small, aim big

sàndor von mallasz
7 November 2018

Sentiamo spesso parlare di Big Data.

Con questa definizione si descrive l’insieme delle tecnologie e delle metodologie che permettono la raccolta e l’analisi dettagliata di grandi quantità d’informazioni, spesso molto eterogenee tra loro.
Sono utilissime, se sei un leader di un’industria, uno di quelli che aspira a dettare le regole e che, per questo, deve necessariamente saper individuare i grandi trend. Ovvero, se ti chiami Jobs o Branson o Bezos; oppure, per restare nel nostro settore, se sei Azoff o Cowell o Scooter Braun.

Ma se non sei un operatore globale, se non lavori per una multinazionale, ma ti interessa una prospettiva più mirata, questi dati non sono molto utili.
Sono solo un punto di partenza.

All’interno dei grandi trend, cosa realmente funziona?

Questo è ciò che noi “marketeers” siamo chiamati a scoprire.

Chi ci ascolta? Che età media hanno? Sono maschi o femmine? Quando ascoltano? Come? Dove?

Quando ero un teenager, lo sapete, ero un metallaro. I media amavano raggruppare tutta la nostra categoria così, ma c’erano molte diversità, anche culturali, tra chi ascoltava gli Aerosmith e chi gli Slayer.
Poi c’erano quelli come me, che ascoltavano entrambi.
Quando esplose il Brit Pop, il Grande Pubblico si divise tra Blur e Oasis.
Ma c’era anche chi apprezzava entrambi.
Come me, per esempio.
Per questo, mi interessano dati più specifici.

Chiamiamoli “Small Data”.

Informazioni segmentate e risegmentate, connesse tra loro.

Riuscire a distinguere quale pubblico sia quello dominante. Chi tra questi sia un superfan, chi un trend follower e chi faccia parte della massa dei passivi, che viene trainata per ultima dopo strenue resistenze – soprattutto da parte dei big media.

Gli small data ci consentono di veicolare al meglio la musica dei nostri artisti, nella maniera più appropriata per raggiungere il pubblico in maniera solida e credibile, crescendo nel tempo.

Think small, aim big.

Perchè tutto parte da una piccola scintilla, che di solito le grosse corporation ignorano, mentre pochi, piccoli visionari e imprenditori scorgono, investendoci sopra.

Fu Jamar, il nipote di Leonard Chess, il primo a farmelo notare durante un indimenticabile pranzo.
Pensaci bene, amico. Chi ha creato il rock’n’roll? Chi il blues? Il country? Il jazz? La soul music, l’urban, il funk, l’R&B? Chi il rap o il metal? La disco? La house? Tutte piccole etichette indipendenti in mano a dei pazzi coraggiosi, che hanno sperimentato.
Già.
La notizia è che oggi possiamo “sperimentare” sapendo già con ragionevole precisione chi sia il nostro potenziale pubblico.
Che età o abitudini di fruizione abbia.

Dove sia.
Come sia composto.
Perfino cos’altro ascolti.
E più guardi le cose da vicino, più diventa chiaro il percorso.

Fai attenzione alle piccole cose, perché un giorno ti volterai e capirai che erano grandi.
Jim Morrison