raffaella cardarelli
19 March 2019

AAA Condottieri illuminati cercasi

raffaella cardarelli
19 March 2019

Quando penso all’eccellenza italiana, la mia mente torna a 10 anni fa, quando visitai per la prima volta Solomeo. Un piccolo e delizioso borgo umbro, è noto ormai in tutto il mondo perché sede di un marchio simbolo di tutto ciò che di bello e superiore l’Italia può produrre: Brunello Cucinelli.

Ero in viaggio con la mia famiglia e, presa dall’euforia del momento, suonai il campanello della residenza del grande imprenditore, nella remota speranza che potessi conoscerlo di persona.

Parlai con il suo gentilissimo custode, che non sembrò sorpreso dalla richiesta. Mi informò che il Signor Cucinelli non era purtroppo in casa in quel momento, e che lo avremmo trovato sicuramente il lunedì. Il modo in cui questo signore rispose, fu una conferma della reputazione che precede Messer Brunello: dedicato alle persone, e non alle cose; alla terra, e non all’aria; alla profonda cultura, e non a infondate opinioni; alla generosità d’animo, e non al solo profitto.

Per chi conosce l’uomo, oltre che l’imprenditore, questa è la sua opera più bella:

il Tributo alla dignità dell’uomo.

A seguito della ricostruzione dell’intero borgo di Solomeo e la realizzazione del teatro, Brunello è intervenuto anche su tutto il territorio circostante. Laddove c’erano capannoni, oggi c’è arte e i vigneti sono tornati al loro antico splendore. È semplice e pura Bellezza. Una Bellezza tutta italiana che dona, a chi la contempla, quella intensa gioia che solo l’amore vero sa elargire.

Questo è il profilo puro e raffaellesco del nostro Paese. Non quello prominente, purtroppo; ma una realtà per cui non ci si dovrebbe solo sentire orgogliosi, ma anche ispirati.

Un modello di imprenditoria, e di filosofia di vita,
da cui ripartire.

Perché?

L’Italia non cresce da 20 anni.
L’Italia è in recessione.
L’Italia, fanalino di coda nella scuola, sia per profitto, sia per investimenti.
L’Italia, nelle ultime posizioni per risorse destinate alla ricerca.
L’Italia, tra le più lente nazioni al mondo nella digitalizzazione.
L’Italia, inefficace negli aiuti alle startup e alle piccole e medie imprese.
L’Italia col tasso fiscale più alto e i servizi peggiori in Europa.
L’Italia, tra i paesi più corrotti al mondo.
L’Italia e la sua drammatica disoccupazione giovanile.
L’Italia, razzista, clientelare e antieuropea.
L’Italia egoista e divisa.
L’Italia e i suoi cervelli in fuga.

Ovvero, una collezione infinita di notizie denigranti, che dipingono un Paese al collasso, senza speranze, senza Leadership. Una Nazione, pertanto, senza una chiara visione di sviluppo futuro, che arranca al buio, da sinistra a destra e di nuovo al centro: un’agonia senza mèta.

Sono affermazioni, queste, leggibili ormai quotidianamente su organi di informazione di ogni tipo e da ogni dove. Sono rivolte ad un Paese – Il Bel Paese – che ha obiettivamente vissuto un lungo periodo di declino socio-economico e valoriale, forse senza precedenti dalla rinascita post-bellica.

In questo contesto, vi sono coloro che negano con forza l’esistenza di qualsiasi problema, anche davanti all’evidenza statistica. Additano – tra l’altro – al complotto politico nazionale o internazionale; a “fake news” imbastite da chi vorrebbe vederci sott’acqua per qualche motivo (Deutschland, Deutschland, über alles!).

E ci sono coloro i quali, pur constatando lo status quo, non si danno pace. Analizzando il cuore del problema, tentano di individuare una strategia di uscita, per dipanare la matassa, per offrire ai propri figli un futuro in Patria.

Varie sono le chiavi di lettura delle concause che ci hanno consegnato l’Italia di oggi. Tuttavia, le disamine sono quasi sempre bollate e archiviate in modo tutt’altro che costruttivo. I clichés legati all’orientamento politico di ciascuno, viziano l’oggettività di pensiero. Un po’ come i tifosi di calcio che, il lunedì mattina al bar, commentano la settimana sportiva.

In effetti, ho la netta sensazione che ciascuno di noi, si costruisca la sua realtà nel modo in cui può essere psicologicamente meglio gestita. Si reagisce, individualmente, come lo si fa davanti alle disavventure che la vita, a volte, elargisce. Ciascuno, con la propria naturale propensione, vede:

il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.

In qualsiasi modo lo si veda, quel bicchiere, si troveranno le giustificazioni adatte affinché la propria Visione regga una benché minima credibilità davanti a chi ci legge o a chi ci ascolta.

Tuttavia il punto, a mio avviso, è un altro:

Perché litigare sulla veridicità o meno di un dato, sulla faziosità della sua lettura, perché concentrarsi sui nostri limiti, invece che sui nostri (innumerevoli) talenti?

Perché non intraprendere una strada che parta dalle nostre competenze uniche, le nostre eccellenze – la nostra USP, invece di cercare di rispondere trasversalmente a tutta la nostra pletora di problemi? Come se fosse una massa informe? Senza stabilire una gerarchia di intervento? Senza una roadmap e, in moltissimi casi, senza veramente conoscere ciò che si sta facendo?

All’inizio della mia carriera lavorativa, ricordo ancora le sagge parole di mio zio il quale, sussurrandomi all’orecchio come qualcuno fa coi cavalli, mi disse:

 

”Qualsiasi cosa deciderai di fare, scegline una in linea con le tue più forti passioni e propensioni e falla al meglio delle tue abilità. Su quella, potrai poi costruire una professionalità più ampia”.

Io scelsi il Marketing dei prodotti di largo consumo e mi feci le ossa nell’editoria. Passai poi ai cosiddetti FMCG. Quando fu chiaro di aver raggiunto il massimo che potessi dare, presi un MBA attraverso il quale costruii le fondamenta per diventare il manager a tutto tondo che aspiravo di essere.

Perché dovrebbe essere diverso per una Nazione?

L’UAE, gli Emirati Arabi, per esempio, 20 anni fa hanno stabilito la loro Visione. Hanno strategicamente focalizzato le loro (notevoli) risorse nel turismo, nell’edilizia e nell’attrazione di capitali esteri e, oggi, possono sicuramente affermare di aver fatto un ottimo lavoro.

È proprio vero che noi Italiani siamo invece così scarsi?

 

Che non abbiamo le giuste competenze e risorse per costruire un futuro migliore? E, se così fosse, da dove viene fuori il nostro Cucinelli, per non parlare di altre eccellenze nostrane?

Chi vi scrive è stata un cosiddetto “cervello in fuga”, che non ha tuttavia mai smesso di essere orgogliosa delle sue origini. Soprattutto dall’estero.

Semplicemente perché quelle origini hanno fatto per me TUTTA la differenza. Mi hanno permesso di distinguermi e, a volte, di primeggiare in ambienti molto competitivi, se pur meritocratici.

E, come me, così quasi tutti gli Italiani che ho conosciuto all’estero. Sempre tra i migliori, sempre brillanti.

Cosa viene perso, allora, a casa nostra?

La mia risposta è duplice:

FOCUS e VALORI

Prendiamo la digitalizzazione, a titolo di esempio.

Si parla tanto della necessità di digitalizzare le aziende, pena la loro estinzione. E che, per farlo, dovremmo mettere la tecnologia al centro di tutto.

Pensare tecnologia, respirarla, farla parte di noi, di ogni pensiero, di ogni processo.

Non potrei essere più in disaccordo.

La digitalizzazione è, sì, un focus preciso e un obiettivo prioritario. Pensare tuttavia che ogni attività debba vertere su questo, credo sia l’approccio più errato: seguirlo pedissequamente, lasciando che la tecnologia ci guidi a una visione, piuttosto che dare noi un’interpretazione della stessa, non ci permetterebbe di sviluppare il nostro personale modello di trasformazione digitale. Quello “italiano”, intriso dei nostri valori e della nostra storia. Di cui possiamo e dobbiamo essere fieri.

Inoltre, gli estremi non sono mai salutari e, in questo preciso momento storico, trovare un equilibrio tra la Tecnologia e l’Uomo è un vero e proprio imperativo strategico. Pena l’involuzione della specie a danno della nostra cultura.

E quale Paese migliore per costruire il modello di questo equilibrio, se non l’Italia?

 

Tecnologicamente avanzati, abbiamo tuttavia anche un prezioso retaggio culturale umanista: un passato non troppo lontano, legato alla terra e ai suoi frutti; all’intelletto e ai suoi prodotti; all’estetica e alla bellezza; al gusto e al saper vivere; a mani sapienti, creative e talentuose, capaci di produrre una qualità che tutto il mondo stima e cerca, da sempre, di imitare.

La tecnologia deve essere pertanto sviluppata e utilizzata, affinché sia al servizio dell’uomo, per migliorarne le prospettive di vita su questa terra e senza rinnegarne la natura. Un’evoluzione tecnologica umanista, non una mera rivoluzione digitale.

E, quindi, ci può essere un Umanesimo tecnologico?

O una Tecnologia umanista?

La mia personale risposta è che non solo può, ma deve esserci, se si vuole contribuire a un progresso virtuoso.

La bella notizia è che un un’interpretazione potente di questa Vision c’è e ce l’abbiamo in casa. L’Italia può farla sua e ripartire concretamente da un approccio di sviluppo imprenditoriale simile a questo.

 

Si, torno al nostro amato Brunello Cucinelli. Semplicemente per la sua coerenza.
Pur stimando gli Stati Uniti al punto da affidarsi alla tecnologia di Salesforce – non si è limitato ad affidarsi ai modelli americani per copiarli, abbracciando sulla fiducia la cultura della Silicon Valley. Non perché questa non fosse valida. Ma perché non avrebbe potuto rispondere ai bisogni specifici della sua clientela. Non avrebbe potuto riflettere i valori propri della storia della sua terra e della sua gente. Non avrebbe, infine, riflesso un progetto imprenditoriale quasi filantropico, nonostante la quotazione in Borsa e la magnitudo del business che ne è scaturito.

Ecco l’importanza dei Valori – dignità, rispetto e umanità – che si uniscono al Focus di visione imprenditoriale.

Brunello ha, per esempio, voluto costruire un’esperienza di e-commerce che non snaturasse il rapporto esclusivo e personalizzato che i suoi clienti vivono ogni volta che varcano una delle sue boutiques in giro per il mondo. Egli parla, infatti, di tecnologia in un modo tanto legato al recupero dei valori del passato, da essere – quasi tristemente – rivoluzionario.

Che questa visione ci trovi in accordo o meno, poco importa; è la SUA visione e riflette coerentemente i suoi bisogni, i suoi valori e quelli di un’Italia che abbiamo dimenticato. E’, di fatto, la sua personale interpretazione dell’equilibrio tra uomo e tecnologia. Un cambiamento, quello digitale, che accetta con entusiasmo, ma lo modella a suo beneficio.

Se tu del tuo tempo non accetterai i cambiamenti, forse ne prenderai la parte peggiore – Voltaire

È un approccio imprenditoriale che promuove, di fatto, un uso garbato dell’innovazione tecnologica: significa governarla per non perdere la centralità dell’Uomo e della sua dignità. Brunello suggerisce, quindi, di diventare degli “artigiani umanisti del Web”, in cui il rispetto – soprattutto per chi la pensa in modo diverso dal nostro – è il motore propulsivo del “Grande Secolo d’Oro”, il nostro.

Queste, allora, le parti migliori del cambiamento:
Lavoro, Mente e Anima.

Da qui scaturisce una potente formula, capace di farci credere a un futuro elettrizzante, perché teso verso uno scopo più alto del lavoro stesso, per il quale alla fine vale la pena creare impresa: il bene del vivere.

La tecnologia ha cambiato qualcosa, ma non il sentimento umano – Brunello Cucinelli.

Non lasciamo che la tecnologia ci rubi l’anima.

 

Non temiamola, ma usiamola saggiamente, recuperando i nostri valori più sani, puntando sulle nostre competenze distintive, per mostrare al mondo la vera Eccellenza del nostro Paese. Siamo ancora vivi e possiamo dare un contributo significativo al mondo, anche da un piccolo paesino di campagna come Solomeo.

La mia missione, oggi, è quella di contribuire, insieme a professionisti e persone di livello, a sviluppare i presupposti di competenze, conoscenze, cultura e valori, senza cui credo sia improbabile riuscire a consegnare ai nostri figli un Paese e un mondo migliori.

AAA Imprenditori-Condottieri illuminati cercasi.

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Sulle competenze necessarie per il cambiamento, puoi leggere anche:
https://albachiara.net/danzando_con_le_api/

Per approfondire la nostra idea di change management e di knowledge transfer in epoca digitale:
https://albachiara.net/what-we-do/

Per conoscere la nostra storia:
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