Jacopo Ziliotto
9 October 2018

2 belle facce della stessa medaglia

Jacopo Ziliotto
9 October 2018

Quando mi è stato chiesto di produrre un’immagine per il podcast di Grant e Roger, mi sono trovato ad affrontare, per l’ennesima volta, quel conflitto interiore che mi accompagna da tutta la vita, sulla natura della Realtà, cosa sia reale e cosa no, cosa sia ‘vero’ – nel senso di ‘giusto’ – e che cosa non lo sia.

Prendiamo lo sport.

E’ una delle (mie) primarie fonti di formazione umana e, allo stesso tempo, uno sfacciato strumento di distrazione di massa, governato da interessi economici mostruosi.

Seghe mentali che mi occupano la testa e il tempo.

Dai tempi in cui giocavo, bambino, immerso in quella gioia totale ed assoluta che solo chi l’ha provata può capire, in cui c’è un pallone, 10 compagni ed 11 avversari, l’odore dell’erba ghiacciata, i tackle scivolati di 10 metri dentro le pozzanghere.

E ci sei tu, piccolo essere in formazione, che impari a prendere le tue responsabilità per la prima volta. Senza mamma o papà che ti dicano cosa fare. Perché non sono lì, in quella frazione di secondo, in cui devi decidere il tempo di un anticipo, eseguire uno stop a seguire o quando chiamare la squadra a salire, di scatto, per lasciare in fuorigioco gli avversari.

In quell’esatto momento, impari a pensare semplice, come squadra, mettendoti nella testa degli altri, supplendo alle carenze del compagno e affidandoti alla sua  protezione.

La Fiducia e l’Altruismo, nella forma  più pura ed eroica.

E l’Onestà: per il mio allenatore, se ti buttavi in area senza cercare di tirare in porta, venivi sostituito e ricoperto di insulti non ripetibili:

“Noi dobbiamo vincere perché siamo stati più bravi. Se perdiamo, è perché sono stati più bravi gli altri” – era solito dire.

Semplice, come un passaggio di piatto.

Dall’altro lato, l’allenatore dei ragazzi più grandi, in odore di tentare il salto nel professionismo, insegnava a come cadere in area, simulare, innervosire, ingannare.

Egli era considerato naturalmente un vincente.

Nello Sport c’è anche questo. Soprattutto quando, a pesare, iniziano a essere più i numeri che lo Spirito, l’emozione o la bellezza di un gesto.

Leggere gli articoli di questo podcast, mi ha fatto subito sentire di essere tra persone che ‘hanno avuto lo stesso allenatore’. Una sensazione di confidenza e raccoglimento che mi ha fatto visualizzare una sorta di ‘taverna magica’, luogo di ritrovo per una cerchia intima e aperta (la figura sulla dx che esce, tagliata, lascia il varco aperto) in cui si condividono pareri, storie, in compagnia di Giganti, dello sport o del mondo artistico, del business, invitati o evocati.

Mi sono fatto l’immagine di un luogo, dove non si cerchi il sensazionale ma l’insegnamento dietro le cose, dietro le storie.

Perché c’è da imparare, ora pure con urgenza, dal passato, davanti ad un presente che appare frantumarsi.

George Best è l’emblema di quanto può diventare ‘romanzesca’ una vita vera. L’ho fatto di spalle per rispetto all’uomo reale (avessi dovuto disegnarne gli occhi, avrei dovuto emettere una sorta di giudizio morale sulla sua vita, a seconda dell’espressione che avrei disegnato).

La figura tagliata è un Beckenbauer che riassume molteplici valori: qualità sportiva, morale (damn, ora che ci penso avrei dovuto farlo col braccio bendato), e protagonista nello stesso mondiale di 2 sentimenti estremi ed opposti, come l’estrema umiliazione (la sconfitta con la DDR) e l’apoteosi di laurearsi campione del Mondo.

La rockstar (con indizi per identificarla) e il businessman rappresentano gli invitati che, di volta in volta, interverranno.

Il ragazzino sulla sx è per me un po’ lo Spirito dello sport, che ascolta le storie, un po’ protettore e un po’ uditore del futuro: lui è, insomma, la speranza.

Poi, qua e là, ci sono le gioie irrefrenabili e gli esiti ‘miracolosi’ cui lo sport può portare, come l’urlo di Tardelli, per uno della mia generazione. E altre cose ancora, che magari scoprirete da soli.

E, infine, c’è la “sacra” immagine sopra Roger e Grant (i due conduttori del podcast), che suggella lo ‘spirito’ che ci ispira: l’abbraccio di Pelè e Bobby Moore è la rappresentazione più autentica di quel rispetto reciproco che, nello sport, va oltre la competizione.

Insomma, due belle facce della stessa medaglia.